LE DIPENDENZE


Nella società “liquida” i legami sono diventati evanescenti e insicuri. Alla leggerezza delle relazioni senza impegno, corrisponde però un’affettività inquieta e pesante.
Alla fragilità psicologica pongono rimedio le illusorie identificazioni “solide” delle dipendenze; all’evanescenza degli affetti subentra l’ingannevole rifugio dei comportamenti standardizzati, l’adeguamento rassegnato ai tempi dettati dagli altri.

Le nuove espressioni del disagio interiore e relazionale e della sofferenza mentale (dipendenze, anoressie, depressioni, somatizzazioni, attacchi di panico, disturbi della personalità) riguardano prevalentemente e in modo crescente la perdita del desiderio, l’annullamento nichilistico, la pulsione di morte.
Un’interpretazione esclusivamente “medicalizzante” del dolore mentale (o vagamente psicologica centrata sulla retorica del disagio giovanile nelle dipendenze) devia l’attenzione dei loro intimi legami con gli stili di vita della popolazione e con i processi dell’identità del sé. Quando i valori del radicamento e della tradizione perdono il loro potere di riferimento, qualsiasi forma di comportamento (non solo quindi gli stupefacenti) può creare dipendenza.
E' necessario approntare itinerari di contrasto alla dipendenze più personalizzati ed efficaci.
Le dipendenze non possono essere considerate solo dominio della psicoterapia né il dolore mentale degli adolescenti può essere affidato alla sola farmacologia.
Gli interventi richiedono una considerazione più ampia che non escluda una risposta etica e culturale appropriata. Curano solo le esperienze che riscattano dalla “miseria simbolica” e innalzano al valore spirito. Diversamente la “cura” avvelena e distrugge e l’abilitazione sfianca e non porta progressi.






Questa scheda  è stata redatta da: Domenico Cravero   in data  15/12/2017



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