STRUTTURA di una SESSIONE

  - Atelier agricolo
È indicato automaticamente e informaticamente come risposta agli obiettivi indicati dal PEI. L’operatore cerca di non dimenticare non potrà stabilire relazioni senza sintonizzazione affettiva con l’utente e questa avviene attraverso le forme vitali attivate dall’atelier. Il lungo svolgimento delle pagine precedenti aveva l’unico obiettivo di facilitare la sintonizzazione affettiva della terapia e dell’abilitazione.
Il terapeuta e l’abilitatore s’immergono empaticamente nell’esperienza vissuta associata all’attivazione e al movimento del paziente.

- Partitura
Le terapie basate sul movimento sono analoghe a quelle illustrate dall’improvvisazione in musicoterapia, videoterapia o Rapterapia. Sono indicate in dettaglio non solo le operazioni pratiche dell’atelier ma anche movimenti (calmo, veloce, ritmato…), timbri emozionali (attento, partecipato, contemplativo…), pensieri (movimento immaginato, riflessioni in opera …).
L’atelier può essere accompagnato dalle parole della conversazione spontanea o guidata dall’operatore, particolarmente se la partitura lo richiede, lo indica, lo spiega. Ogni sessione di agricura è costituita da un tema e da variazioni le quali svolgono la funzione di mantenere l’attivazione, di modulare, di sollecitare e sospendere temporaneamente. Un compito è svolto bene se l’attivazione non è troppo alta (ansia, panico) o troppo bassa (noia, disattenzione).
- Analisi immediata
Terminato l’atelier si cerca immediatamente di far rivivere l’evento, di evidenziare le forme vitali (il profilo, la forza, la durata) che sono state sperimentate. La fenomenologia dell’atelier è un’esperienza reale, ma non può essere espressa a parole, mentre è in corso. Il dialogo, luogo privilegiato per osservare forme vitali, inizia raccogliendo il momento di esperienza soggettiva nell’atto del suo compiersi. Si porta alla consapevolezza tutto ciò che ha attraversato la scena mentale: percezioni, pensieri, ricordi, emozioni, immagini.


 
S’indaga il mondo interno (rappresentazioni, conflitti, stile di personalità) e la qualità dell’esperienza attraverso l’analisi minuziosa di una piccola frazione dell’esperienza fatta. Si chiede al paziente (utente) di raccontare l’esperienza cosciente così come “avvenuta”, cioè percepita e ricordata, di scomporre poi il ricordo in sequenze, di sceglierne liberamente una sola e di concentrarsi su di essa. L’obiettivo è portare alla consapevolezza (“awareness”) ciò che il paziente ha sentito emotivamente e vissuto, cioè le forme vitali esplorate in ogni dettaglio attraverso specifiche domande. Il “background feeling” dell’atelier resta normalmente fuori consapevolezza ma può essere riportato alla coscienza. Scopo dell’analisi è evocare una forma vitale che porti alla luce alcuni aspetti dell’esperienza globalmente vissuta dal paziente.
È importante domandare e indagare non stati mentali statici ma forme dinamiche. L’analisi verte sempre intorno a “che cosa significa sentirsi vivi?”.

    I temi psicologici (o le risorse personali, le abilità) si rivelano in dettagli insospettabili.
In ogni episodio di coscienza emergeranno anche le criticità (paziente-terapeuta) che si sono espresse attraverso cambiamenti di tonalità emotiva, stato d’animo e focalizzazione attentiva. L’analisi delle forme vitali e il processo di rappresentazione del movimento “immaginato” è determinante per comprendere il modo in cui si “comprendono” le parole, s’immaginano le azioni e si sviluppano le intenzioni. È fondamentale riportare anche i meccanismi d’imitazione, identificazione ed empatia.

Gli atelier possono essere svolti a livello individuali o in piccoli gruppi.
L’equipe di cura è formata, in ogni caso, dal terapeuta (abilitatore) e dall’operatore agricolo (che svolge un compito tecnico).
L’atelier ha una durata da 30 a 60 minuti. Subito dopo si svolge il colloquio con il terapeuta-abilitatore. Gli operatori compilano in dettaglio la traccia di osservazione.







Questa scheda  è stata redatta da: Domenico Cravero   in data  01/01/2018

 

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